Tab Article
"L'Italia è un Paese con vocazione internazionale connaturata» racconta ad Agorà Alessandro Plateroti, vicedirettore de 'Il Sole 24 ORE'. Ma nonostante questa tensione verso l'internazionalizzazione, che storicamente caratterizza il nostro sistema imprenditoriale, sono pochissime oggi le grandi aziende italiane capaci di affermare la propria leadership su scala globale. La storia del gruppo Atlania che raccontiamo in questo numero di Agorà, quindi, rappresenta al tempo stess un'eccezione virtuosa e un modello di riferimento. Dopo l'acquisizione di Aberis, con la sua presenza in 16 Paesi del mondo dalle Americhe all'Asia, oltre 14.000 chilometri di autostrade gestite in concessione e 60 milioni di passeggeri serviti con gli aeroporti di Fiumicino e di Nizza, Atlantia è diventato oggi il leader globale nel settore delle infrastrutture autostradali e aeroportuali. Un traguardo raggiunto grazie a una visione strategica e una capacità di sviluppo che mettono al centro competenze, solidità finanziaria e capacità tecnologica, come racconta nella sua intervista ad Agorà l'amministratore delegato del Gruppo Giovanni Castellucci, che ha costruito e perseguito con determinazione l'acquisizione di Abertis, realizzata in partnership con ACS e Hochtief. Un'operazione, quest'ultima, molto rilevante non solo sul piano economico-finanziario ma anche su quello istituzionale, perché riguarda da vicino gli interessi nazionali di Italia e Spagna. Lo illustra efficacemente nella sua intervista l'ambasciatore italiano in Spagna Stefano Sannino, secondo cui quest'operazione «mette insieme le competenze, i capitali e le tecnologie dei due Paesi e le rafforza in modo reciproco», in uno scenario comunitario nel quale «l'alleanza tra Spagna e Italia potrebbe far da traino a quell'Europa meridionale che fatica a coordinarsi nelle aree di comune interesse. A differenza di ciò che accade per i nostri vicini dell'Europa settentrionale o centrale». La costruzione di un campione globale ha legami stretti anche con la complessa questione della formazione e della selezione della classe dirigente del nostro Paese, come spiega nella sua intervista Giovanni Castellucci, Perché le grandi aziende con presenza ed esposizione globale possono costituire oggi in Italia, nel deserto creato dalla scomparsa dei tradizionali luoghi di costruzione delle élites, anche la migliore 'culla' possibile di una classe dirigente aperta, innovativa e internazionale. Svolgendo (più meno consapevolmente) un ruolo di 'triano' sociale e culurale, di cui il nostro Paese ha un tremendo bisogno." (dall'editoriale di Francesco Delzio)