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Scatti che nella loro essenza vorrebbero essere un modo di accogliere, prendersi cura, custodire i volti, gli sguardi, le anime che ritraggono. È legittimo catalogare un libro fotografico, dove le parole si riducono a poche righe introduttive e sporadiche citazioni, come testo di narrativa? Nel caso dell'opera di Massimo Damiano è certamente la scelta corretta. Le sue immagini in bianco e nero, al di là dell'impeccabile taglio e delle luci e delle ombre che si stagliano come lame e colpiscono la mente dell'osservatore come pietre, hanno una caratteristica che, nell'epoca digitale dello scatto facile, accomuna soltanto pochi artisti: la capacità di raccontare, in pochi centimetri quadrati di carta, una storia intera.