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Da dove viene il desiderio di scrivere, di creare immagini, di raccontare storie, di comporre, con le parole o con le note musicali, una sequenza di frasi? A quale necessità obbedisce un artista, un narratore, un critico, quale forza lo spinge, esponendolo al rischio di un esito fallimentare, a misurarsi con i propri limiti, a ricominciare ogni volta da zero tentando di afferrare le parole rimaste sulla punta della lingua? Gli undici saggi raccolti in questo volume - composti in un arco molto ampio di anni, dal 1999 al 2016 - partono tutti, in maniera diretta o indiretta, da questi interrogativi, cercando soprattutto nelle pagine di scrittori come de Maupassant o Pieyre de Mandiargues, Walser o Bernhard, Nabokov o Sebald (per fare solo qualche esempio), ma in qualche caso anche di artisti (Dubuffet, Pollock), le tracce di una possibile risposta. Si delinea in tal modo un percorso in cui il lettore sarà indotto a ripensare la propria idea di opera, di identità, di scrittura, fino a rendersi sempre più chiaramente conto di come tracciare segni su un foglio non rappresenti né un inutile passatempo né il ripetitivo esercizio di un mestiere, ma un destino, una vocazione.