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Marica Larocchi è abituata da sempre a confrontarsi con la letteratura più raffinata, e ne è testimonianza la sua attività di curatrice e traduttrice: citiamo, tra gli autori che si sono avvalsi della sua sensibilità, Rimbaud (autore tra i prediletti fin dalla tesi di laurea), Radiguet, Baudelaire. Senza dimenticare un poeta come Jean Flaminien, con il quale peraltro Larocchi sembra condividere alcuni aspetti del fare poesia: il confronto con il mistero dell'esistere, il tentativo di conservare la saldezza del sé nel caos del mondo, l'affidarsi alla parola come bussola tra le inquietudini del presente, la necessità di cogliere le minime epifanie del quotidiano, la sensazione di abitare una terra che è sempre straniera, la capacità di dosare con innata delicatezza parole e silenzi, detto e non detto.