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Nel 1744, nel pieno sviluppo del "vedutismo", che aveva soprattutto a Roma e a Venezia i suoi più originali e significativi rappresentanti, anche Firenze, con l'opera di Giuseppe Zocchi riproposta in queste pagine, ebbe l'occasione di offrire al pubblico di amatori e viaggiatori del Grand Tour la propria immagine. Questa venne fissata in una serie di moderne vedute che, nel rispetto della rigorosa tradizione artistica locale, mostrano un carattere lucidamente realistico e razionale tenendo, nell'ambito più vasto del loro genere, al gusto per l'esattezza della visione e la precisione topografica piuttosto che al "capriccio" o all'vocazione poetica dei luoghi raffigurati. Giuseppe Zocchi, nato a Firenze nel 1717, aveva manifestato fin da ragazzo un notevole talento artistico, tanto che non aveva ancora venticinque anni quando il suo protettore, il marchese Gerini, gli commissionò le tavole su Firenze che noi oggi conosciamo. Incise nel 1744, le Vedute di Firenze, al di là del debito pagato al vedutismo romano e veneto, in particolare a Giuseppe Vasi e a Michele Maneschi, contengono un elemento di indubbia originalità in quella descrittività minuta e realistica con cui Zocchi animò le sue tavole. Accanto alla ricostruzione architettonica e urbanistica della sua città, Zocchi tende a restituirne anche le atmosfere sociali con un tratto analitico che mette in scena strade, piazze e fiume, in cui accanto a carrettieri, pescatori, venditori e popolani scorrono gentildonne e nobili, carrozze e prelati.