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Pubblicata originariamente nel 1962, questa raccolta di short stories è considerata uno dei capolavori della narrativa americana del secondo Novecento. Il New York Times l'ha definita «l'equivalente newyorkese di Gente di Dublino di Joyce», e Kurt Vonnegut «la migliore raccolta di racconti mai pubblicata da un autore americano». Dalle vite "normali" di segretarie di Manhattan e maestrine di Brooklyn, di potenziali romanzieri frustrati, di tassisti sognatori, soldati disillusi e ragazzini disadattati, Yates crea un mosaico indimenticabile che rivela tutte le ombre dei sogno americano all'apice del suo (presunto) splendore; ma «Undici solitudini» non è solo l'impietoso ritratto di un'epoca: la precisione dei dialoghi, il ritmo infallibile, l'attenzione ai particolari, l'essenzialità della scrittura danno alle storie di questi personaggi un'intensità che le rende dolorosamente universali e senza tempo.