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Virgilio è un grande autore del mondo classico. In pochi però tengono in considerazione le origini etrusche del poeta e il suo desiderio di scoprire, come egli dichiara nelle Georgiche, le cause dei fenomeni (causas rerum), le vie del cielo e le stelle (caelique vias et sidera), sconfiggendo ogni paura e l'inesorabile fato e lo strepito dell'avaro Acheronte, dunque ogni forma di superstizione: per il poeta di Andes si tratta di indagare i segreti della natura e la verità custodita dai corpi celesti, dal Sole e dalla Luna, che, con il loro linguaggio codificato, dunque verace, ritmano i cicli del tempo e le stagioni in una eterna alternanza di morte e rinascita della luce. Viene quindi proposta una nuova lettura dell'Inferno di Dante che si riferisce proprio a quel mondo etrusco e all'interesse di Virgilio per i punti solstiziali ed equinoziali, alla scansione dell'anno rituale e alla lotta oltremondana tra luce e tenebre; e inoltre è spiegata la ragione per cui la lente obiettiva, con la quale Galileo scoprì i quattro satelliti di Giove, reca un importante verso della precognitoria IV Bucolica virgiliana. Virgilio si presenta a noi sotto una nuova luce, non solo come il più grande poeta latino bensì come matematico e scienziato; non solo «profeta di Cristo» e propulsore della nuova trasformazione spirituale in seno al mondo romano, bensì come colui che ha rivestito un ruolo chiave nella evoluzione di una filosofia della natura, basata sull'osservazione dei fenomeni, e del modello percettivo moderno.