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Questo "Studio psico-pedagogico sulle persone private di libertà" si propone come un breve manuale di consultazione nel percorso di formazione dell'operatore penitenziario. Un excursus sintetico, attraverso le strutture del carcere e la loro funzione, ne delinea le infinite sfaccettature, come luogo in cui uomini e donne intraprendono percorsi di vita innaturali, perché privati della libertà. Se muoversi all'interno delle procedure e dei regolamenti è tutto sommato semplice, non lo è l'impatto che questo adeguamento richiesto ha sui fruitori, siano essi operatori professionali o detenuti. L'asetticità dei protocolli e delle stesse costruzioni svilisce la percezione del concetto di umanità per i detenuti, dai quali si pretende l'adozione di stili di vita immaginati fuori, dove la libertà era condizione inscindibile dall'essere vivi. L'operatore penitenziario, pur nel rispetto dell'umanità dell'utente, è costretto a prenderne le distanze per meglio supportarlo e sostenerne l'evoluzione. Tuttavia, il confronto quotidiano con storie, disagio e manifestazioni patologiche fa sì che il mestiere dell'operatore penitenziario sia fra i più suscettibili di erosione e desiderio di fuga.