Pescara 1910. Dalla città racchiusa alla città diffusa di Di Biase Licio - Bookdealer | I tuoi librai a domicilio
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Pescara 1910. Dalla città racchiusa alla città diffusa

  • Autore: Di Biase Licio
  • Editore: Tabula Fati
  • Isbn: 9788874759613
  • Categoria: Architettura
  • Numero pagine: 112
  • Data di Uscita: 10/01/2022
10,00 €
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Questa pubblicazione è l'analisi puntuale della dinamica territoriale, sociale ed economica della città di Pescara dopo l'abbattimento della Piazzaforte che, dalla seconda metà del 1500 alla fase successiva all'Unità d'Italia, aveva rinchiuso l'abitato dentro le sue mura. L'abbattimento era tanto auspicato dai pescaresi che indussero il Re Vittorio Emanuele II il 17 ottobre 1860, quando entrò nella Piazzaforte nel suo percorso verso sud ad intercettare Giuseppe Garibaldi, a sottolinearne l'importanza con la famosa frase "Oh che bel sito per una grande città commerciale! Bisogna abbattere queste mura, e costruire su questo fiume un porto. Pescara in men di un secolo sarà la più grande città degli Abruzzi ". Il processo di eliminazione delle mura, iniziato abusivamente dalla popolazione, avvenne tra momenti di esaltazione e di crisi, ma alla fine del 1800 ormai per i pescaresi la piazzaforte divenne un lontano ricordo, dopo che le autorità del Regno intervennero direttamente per guidarne il processo di totale abbattimento. Da quel momento si mise in atto un processo di urbanizzazione del territorio che nel volgere di un decennio cambiò totalmente l'immagine della cittadina, che da racchiusa nelle mura, invece si allargò, diffondendosi verso sud, verso la Pineta. Il 1910 divenne l'anno celebrativo di Pescara con inaugurazioni di vari edifici significativi per la nuova città, come l'Albergo Pescara, il Teatro Michetti e il Kursaal, di avvio di lavori di modernizzazione, come la golena, mostrando il carattere della città che si apriva con fiducia al nuovo secolo, piena di desiderio di progredire e di lasciarsi alle spalle i tre secoli che avevano costretto i pescaresi a una esistenza al limite della non vivibilità.

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