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"Alla Ginzburg sono sempre stata, lo sono e continuerò ad esserlo, gratissima. [...] Lei ha sempre amato questo libro, con quelle manomissioni voleva renderlo più accessibile. Io salto i verbi come se qualcuno mi corresse dietro; i miei passaggi sono ponti levatoi mai abbassati; lei riduceva più intellegibile il mio modo di scrivere; ma io preferivo tenermi i miei difetti. Avevamo ragione tutte e due". Sono alcune righe scritte da Dolores Prato nel 1980 al direttore dell'"Espresso", in risposta a un articolo in cui veniva definita "rabbiosa" nei confronti di Natalia Ginzburg. Alle spalle di questa precisazione c'è una vicenda editoriale divenuta pubblica: le oltre millecinquecento cartelle di "Giù la piazza non c'è nessuno" consegnate nel 1979, di fretta, dall'ottantenne Dolores Prato a Natalia Ginzburg, vennero ridotte, per esigenze editoriali, a sole trecento pagine, pubblicate da Einaudi nel giugno 1980. L'autrice, scontenta dell'edizione parziale, continuò a rivedere il testo e preparò un nuovo dattiloscritto, il quale venne pubblicato nel 1997 da Giorgio Zampa, nella versione integrale che qui riproduciamo. "Giù la piazza non c'è nessuno" racconta di un'infanzia primonovecentesca trascorsa ai bordi d'Italia (tra case e volti di Treia, un borgo dell'entroterra marchigiano), insieme a una miriade di oggetti e parole disperse, a uno zio mezzo prete, mezzo pittore, mezzo alchimista e a una zia nubile dalle strane acconciature...