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I saggi riuniti in questo volume vertono sul rapporto fra letteratura e vita materiale italiana entro un arco temporale che va dal miracolo economico agli anni Zero del XXI secolo, riprendendo in ciò l'idea di letteratura come forma simbolica in grado di rappresentare sfere dell'esperienza inaccessibili alla storiografia. Il libro è diviso in due parti: la prima sezione affronta l'eredità di due laboratori del secondo Novecento (le riviste "Officina" e "Il Menabò") e contamina diversi approcci critici (la critica tematica, la teoria freudiana di Francesco Orlando, il materialismo ermeneutico di Romano Luperini). La seconda parte interroga invece alcuni maestri del Novecento che continuano a scrivere nel cuore degli anni Ottanta (Parise, Fortini, Primo Levi, Volponi, Morante, Sciascia) e quattro scrittori degli anni Zero (Affinati, De Signoribus, Di Ruscio, Sarchi) tra i molti a proprio modo all'altezza della tradizione e dell'eredità dei maestri. Tutti i testi presi in esame - questa almeno è la scommessa - rappresentano la mutazione italiana nei modi indocili con cui le opere letterarie sanno rispondere alle ulcerazioni della storia. La domanda del titolo, ripresa da un saggio di Enzensberger, intende dunque alludere alla questione del rapporto fra scritture d'invenzione e scritture veridiche, e (a monte del più schematico bivio tra fiction e non-fiction) fra opere e mondo.