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Questo lavoro si propone di approfondire alcuni concetti fondamentali della filosofia di Edmund Husserl, segnatamente il tema dell'intenzionalità e quello del significato, a partire dai suoi scritti giovanili, soprattutto la trattazione del 1894 dal titolo Oggetti intenzionali. Si cerca così di mostrare come la teoria fenomenologica per eccellenza trovi il suo antefatto non nella dottrina psicologica dell'intendere, bensì nelle riflessioni condotte da Husserl sulle questioni di semantica logica. Il saggio si propone altresì di ricostruire i tratti salienti di una teoria dell'intenzionalità che prende forma non solo grazie al confronto critico con Brentano, ma anche attraverso quello con altri autori, in particolare con alcuni degli esponenti della scuola polacca e austriaca, e più di tutti con il filosofo del linguaggio Anton Marty. Da tale confronto emerge un nuovo modo di comprendere l'intenzionalità, non più come relazione tra oggetti, bensì come funzione logica delle rappresentazioni, in quanto loro abilità di produrre significati nelle cose. Questa concezione si sostituisce all'interpretazione tradizionale, quella psicologica, dell'intenzionalità, permettendo di superare il problema dell'oggetto immanente e tramutando la coscienza dell'oggetto in coscienza semantica.