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"C'è una felice ambiguità della poesia che consiglia una posizione guardinga rispetto a ogni interpretazione. A ogni atto, cioè, di appropriazione. La poesia educa piuttosto allo spossessamento, coltiva in noi il sentimento dell'espropriazione. Così, di fronte a "Le amorose", che ho appena letto, io non so se le amorose sono le poesie, o le morose a cui le poesie sono rivolte. Donne che a volte hanno dei nomi proprii: Fulvia, Marcella, Annalisa. Altre volte anonime. Come le poesie stesse che non hanno titolo. Non sempre. So però che l'amore è un colloquio. E la poesia anche". (Dalla postfazione di Nadia Fusini).