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Olivier Mériel non appartiene a quella schiera di fotografi che percorrono il mondo in lungo e in largo cercando soggetti spettacolari. I suoi sono molto semplici: interni di case abbandonate, di monasteri disabitati, di opifici dove i macchinari tacciono da tempo. Nessuno viene più o turbare il greve silenzio che li ha invasi. Chi erano gli uomini e le donne che hanno lavorato qui? Che cosa si sono lasciati alle spalle? Quali tracce nella memoria altrui? Olivier Mériel potrebbe far sue le parole di Goethe: "Vedo con occhi che sentono. Sento con mani che vedono".