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La graduale e costante interpretazione della Corte di giustizia, successivamente codificata dal legislatore comunitario, è stata determinante per emancipare contenuto e portata del divieto di discriminazione sulla base del sesso dalla "ratio" prettamente economica che ne aveva determinato l'inserimento nell'art. 119 del Trattato di Roma del 1957. Il legislatore comunitario, in primo luogo, ne ha ampliato l'ambito di applicazione che dagli angusti confini della "retribuzione per uno stesso lavoro", è stato progressivamente esteso al "lavoro di uguale valore", all'intero settore dell'impiego e dell'occupazione, alla sicurezza sociale e al lavoro autonomo. La Corte di giustizia, dal canto suo, una volta considerata l'eliminazione delle discriminazioni sulla base del sesso come parte integrante dei diritti fondamentali dell'uomo, con una sempre più copiosa giurisprudenza ha affrontato e approfondito i nodi concettuali più problematici dell'istituto, quali la nozione di discriminazione indiretta, l'ammissibilità di cause di giustificazione, l'interpretazione e l'estensione delle eccezioni, fino alle fondamentali precisazioni in tema di onere della prova.