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Fin dai tempi del suo primo libro di Poesia, Passione della memoria, risalente al 1982, Domenico Parigini ha messo in campo un verseggiare inquieto e indagatore, arroncigliato su tematiche politiche, civili ed esistenziali, con un intento di indagine delle verità profonde e in qualche modo anche di svolgere la nobile missione d'antan del poeta demiurgo, che generosamente si spende per fare ordine nel caos delle forze sociali in competizione, con l'obbiettivo di indicare un orizzonte di speranza e di civiltà capace di armonizzare fra loro le distonie e le lotte fra le classi sociali. Nel consumo degli anni e delle pagine dei libri, voracemente divorati e poi classificati nella sua professione di bibliotecario che fu la stessa di Jorge Luis Borges - massimo poeta del Novecento - Domenico Parigini si è ammorbidito come accade ai trucioli di cui parla Camillo Sbarbaro, ma è rimasto fedele a quel cuore di ciottolo del succitato Poeta dei licheni: un DNA inconfutabile di sognatore e cantastorie, che vive profondamente radicato nel suo ambiente e nella realtà delle circostanze attuali, ma che non smette di intonare un canto libero [...]