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Il verseggiare di Rodolfo Vettorello consiste in un'ambientazione poetica del racconto: c'è sempre una vicenda, nascosta tra le pieghe della poesia, ma è comunque "poeticizzata": è resa sfuggente quasi ai limiti dell'ermetismo ed è marcata con la forza dell'espressionismo e dell'imagismo, nel solco caldo e profondo, ubertoso e fertile, della migliore poesia del Novecento, di cui Vettorello rappresenta sicuramente un autore di riepilogo e di rilancio, di ripresa e di rifioritura. Si noti anche la bellezza e la naturalezza del verso libero, sempre sviluppato intorno a un naturale ronzio della metrica contenuta nei paradigmi dell'endecasillabo, talvolta spezzato, talvolta alternato a versi brevi, raramente imbrigliato nei gorghi della rima o dell'assonanza, come uccello finito nella rete dell'uccellaio, per gioco volutamente lieve e quasi canzonatorio, per poi lasciarlo di nuovo riprendere il volo della libertà, come appare nella poesia "A noi che siamo un animale strano", forma di omaggio affettuoso e paziente rivolto alla persona amata, e contemporaneamente valido anche come abbraccio lanciato a un "Tu" generico che rappresenta l'intero genere umano [...]