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Un territorio che si definisce morfologicamente per condizioni ambientali tremende, dove la terra era acqua e anche l'aria era "mala" tanto da divenire addirittura il nome di una febbre terribile; una cucina che si basa sulla miseria locale coniugata con la miseria dei lavoranti stagionali, unici momenti di sollievo nella raccolta e nella caccia; questa soprattutto agli animali più feroci, molto più pericolosi dei lupi o degli orsi, che la nostra fauna conosca, i cinghiali, caccia fatta da cacciatori e tiratori mitici, che poco si curano di regolamenti, riserve e tabelle, e molto della propria fama e dei torti subiti, tanto da star sempre con un piede sui confini del brigantaggio... Santini è narratore d'istinto e al tempo stesso un ricercatore capace di approfondimenti, come la ricerca sull'acquacotta, una semplicissima composizione di verdure in acqua o brodo, simbolo della povertà maremmana, di cui ha scovato più di trenta varianti; o quella sui crostini, o sul cinghiale, o sulle "scottiglie". Insomma finite le storie di malaria, cacciatori e briganti, c'è da sbrigarsi a mettersi in cucina, perché alcuni sono piatti veloci ma molti a cotture lente e profonde specie dove sia questione di cinghiale o d'altra selvaggina.