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Tutto comincia con una domanda fatta a tavola: "Cosa significa libertà?". La risposta di Anna, la mamma, è un racconto. È la storia sua e della nonna, al tempo dell'invasione nazista dell'Ungheria. Ebrea, a diciassette anni viene scaraventata con la madre nell'inferno di Auschwitz. In queste pagine la Shoah è vista con occhi di ragazza, che immersi nella tragedia sanno scorgere anche particolari curiosi e talvolta buffi. Le due donne sono sopravvissute; dopo la fine della guerra Anna è emigrata negli Stati Uniti, dove ha svolto la professione di psichiatra infantile. Solo a distanza di anni è riuscita a parlare della sua vita prima, durante e dopo la deportazione. E, proprio a partire dalla domanda sulla libertà di sua figlia, ha iniziato a scrivere questi racconti, uno all'anno, in occasione della Pasqua ebraica. La sua è una delle tante "voci della memoria" che ci aiutano a non dimenticare. "Io divenni gli occhi e le mani di mia madre e lei, in cambio, faceva lavorare il cervello per tutte e due".