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Ogni discorso sulla libertà umana è credibile nella misura in cui essa viene riconosciuta come risultato e non dichiarata semplicemente come preliminare. Alla libertà si giunge mediante un processo di coinvolgimento, ponendo come radice l'esperienza personale, il suo venire alla luce sofferto, progressivo e laborioso. Attraverso il confronto con il teologo Dietrich Bonhoeffer, ucciso nel campo di concentramento nazista di Flossenbürg nell'aprile del 1945, l'autore mostra come sia l'itinerario stesso dell'esistenza a raccontare ciò che è la libertà, che nell'intreccio dell'accadere storico appare travagliata. Nella storia, infatti, si manifestano la forza e il limite dell'agire umano, ma nello stesso tempo le tracce dell'agire divino. Per Bonhoeffer, il cammino della libertà costituisce la grande narrazione della biografia morale dell'uomo, con il suo carico di sofferenza, di colpa e di morte. Solo attraverso questo travaglio, però, può nascere un'apertura autentica nei confronti della responsabilità storica e di Dio.