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Durante una lunga conversazione il noto artista bolognese Wolfango racconta la sua vita di bambino nella casa degli zii e della nonna di via Mascarella, di liceale sotto i bombardamenti della guerra, di studente di medicina fra partite a carambola e disegni anatomici e di marito sempre affascinato dalla donna della sua vita. Le sue parole ripercorrono la sua nascita come uomo, come padre, come illustratore, come insegnante e, infine, come pittore sempre orgogliosamente lontano dal grande mercato dell'arte contemporanea e sempre tanto amato dai suoi concittadini. Il suo racconto autobiografico è costantemente intrecciato alla sua visione del senso dell'arte e del suo lavoro, ma anche perennemente intessuto di riflessioni sul senso della vita e di domande sull'esistenza e sul destino dell'uomo. Ne emerge il ritratto di un uomo attento e curioso e con l'attitudine a guardare le cose del mondo dall'alto, con la stessa prospettiva che ha sempre contraddistinto i suoi quadri. Nel rivisitare i momenti per lui più importanti, Wolfango cerca di tirare le somme di un'esistenza dedicata ai colori, alle forme del mondo e alla pittura che, sola, può raffigurarne l'essenza.