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Un ritratto gioioso, irriverente, schietto, crudo, amaro e sorridente insieme di un trentenne come tanti. Perché a trent'anni non si è niente. Non si è ancora niente. Non si è più niente. Finita l'età dove "tutto è ancora intero", di là da venire quella della saggezza. A trent'anni si ha esperienza sufficiente solo per dire che non se ne ha abbastanza. Una sorta di seconda adolescenza o di "adolescenza adulta" nella quale è tutto traballante, nebuloso e precario. Le certezze vecchie svaniscono, le nuove non si scorgono ancora. È il punto d'arrivo di questo pseudo diario, agile e schizofrenico catalogo di appunti e racconti, cominciato da un ventunenne e concluso da un trentunenne, accomunati dalle scazzottate furiose con la vita, dai rari momenti di tregua, dalla voglia di ridere di sé e di piangere con sé. Avvicinati da un'urgenza comunicativa che attraversa un decennio personale intero, nel quale succede tutto e non succede mai nulla. "Appunti sparsi di un cantastorie" è una Guernica di un'intera generazione, schiacciata dal peso di avere avuto le età giuste nei momenti sbagliati. Nel decennio storico dell'"ok scusate, ci siamo sbagliati, la festa è finita". E allora non resta che tentare disperatamente, qua e là, di riderci e di piangerci sopra, sotto, intorno. E dentro.