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La soggezione e il 'cupio occultari' che i grandi autori sogliono incutere nei timidi e candidi che pur li ammirano con fervore e con delizia se ne nutrono, possono certo venire scongiurati (non senza il merito e il vantaggio della coscienziosa e amorosa ricostruzione storica) mettendosi appunto dalla parte dei lettori e fruitori di quelle opere sortite, nel tempo, le più famose e le più care. Sul fondamento di un tale equo principio - o fecondo criterio -, l'altezza e la seduzione di alcuni testi tassiani sono, in questo volume, collaudate, tratteggiate e precisate attraverso il richiamo a svariati loro riecheggiamenti o reimpieghi (dalla libera sequela alla metafrasi emulativa, e dall'imitazione per soprammercato alla reminiscenza nel foro interiore) di età soprattutto - ma non soltanto - barocca. L'acuta eppure austera fascinazione della più ingegnosa arte tassesca riceve così una conferma di cui tanto poco abbisognava quanto, in cambio, ce ne compiacciamo noi tutti suoi beneficati, devoti e zelatori.