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Italia (1992): si leva il sipario sul famigerato "Annus horribilis". Se non è possibile annoverare nel solco delle semplici coincidenze le stragi di Capaci e di via Mariano D'Amelio, del pari non è ipotizzabile catalogare come naturali convergenze le molteplici inchieste giudiziarie che, avviate dai magistrati del pool di "Mani pulite" presso il Palazzo di Giustizia di Milano, si estesero a numerose Procure italiane allo scopo di rivelare un sistema fraudolento che coinvolgeva in maniera collusa la politica e l'imprenditoria del nostro paese. Non è un caso quindi che il 1992 abbia segnato un profondo spartiacque nell'immaginario collettivo del popolo italiano giacché, in quei fatidici dodici mesi e oltre, numerosi sono stati gli avvenimenti che ne hanno indelebilmente segnato il destino: tra essi v'è da annoverare la crisi del sistema dei partiti che ha condotto al crollo della "Prima Repubblica". Tuttavia, nel siffatto scenario dai contorni incerti che andava dipanandosi, ecco stagliarsi in maniera imponente la figura sicura e carismatica dell'"inquilino" di Palazzo del Quirinale che, in una temperie di delegittimazione della classe politica ad opera della "società giudiziaria", riusciva a traghettare la "nave" Italia nella rada più sicura, assurgendo al rango di attore "governante" e svolgendo un ruolo eminentemente politico. Per l'Italia il 1992 è passato alla Storia come l'anno di Tangentopoli, dei suicidi, delle stragi, della crisi valutaria. L'orientamento giustizialista che agli inizi degli anni Novanta andava via via delineandosi all'interno dell'opinione pubblica - quotidianamente sollecitata dai mezzi di comunicazione, dalle dichiarazioni di magistrati trasformati in oracoli, e da settori del sistema politico - avrebbe potuto condurre ad un conflitto irresolubile tra opinione pubblica e Quirinale, con il rischio di un collasso della democrazia. Per evitare il naufragio occorreva applicare un principio politico, giacché i principi giuridici erano stati ampiamente travolti: in quella temperie prevalse la ragion di Stato. Il 1992 schiude le porte in Italia alla stagione dei "tempi difficili" per i Presidenti della Repubblica, ai quali è demandato un arduo compito: risolvere i conflitti che i partiti non riescono a risanare. Da qui muove un'unica e chiara esigenza: soltanto la Costituzione avrebbe potuto garantire un percorso coerente con i valori della nostra democrazia. Ed è nel solco di tale esigenza che è possibile cogliere il senso del ruolo eminentemente "politico" svolto dai presidenti Scalfaro e Ciampi.