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Il Principato del Regno Longobardo di Pavia fu nella Contea delle Isole Tremiti e fu detto Principato Italia anche dopo il suo fondatore, Arechi II, vicario dei Carolingi a San Giovanni del Monte Gargano. E tale rimase, sotto i Francofoni, sulla medesima via Francigena che conduceva all'Urbe dedicata alla Vergine Maria. Il territorio fu poi compreso nel Giustizierato di Roberto Loritello, che sedette nella Gran Contea di Siponto e affidò Lesina al suo Alarino, sempre in nome dell'Imperatore e del Papa. Quando gli accordi saltarono, il pontefice fece nascere la Marca di Puglia a Urbiriano del Guiscardo, fra i ruderi dell'antica Teate del consolato latino, e l'Imperatore ripristinò il Castellovetere di Troia a Urbiviano, la vicaria Ecana alla Ripalonga delle monache sofiane, fra i ruderi dell'antica Teano Apula canosina. È questa la brillante sintesi dell'ultimo volume di Arturo Bascetta che riporta ogni personaggio, normanno, greco, o bizantino che sia, nel suo legittimo territorio, seguendone spostamenti, espropri, soprusi. Qui nasce un altro viaggio nella ex Longobardia Meridionale che ora possiamo affermare essere stata contesa da due schieramenti, che ne procurano viceregni diversi. Essi furono sedi di due capitali: Civitatense, che era latina, salernitana e papalina; e Troia, che era romana, beneventana e imperiale, vicine fra loro, ma distinte, nel 700 come ancora nel 1101. Padrone di Monte Sant'Angelo, però, fu sempre Borsa, in nome di un solo Regno di Puglia, quello dei pii, martiri e pellegrini della Croce. Per il figlio legittimo del Guiscardo non esistevano né papi e né imperatori, di cui si servì con destrezza e abilità, così come essi avevano fatto anni addietro, quando giunsero dalla Sarmazia, anteponendogli i crociati della Normandia.