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Il romanzo, scritto sotto forma di io narrante, vorrebbe appartenere al genere Bildsungroman, vale a dire a un romanzo di formazione o, meglio, di de-formazione o, se si vuole, di saggio psicologico ibridato a romanzo. Infatti la storia, che si svolge in pochi mesi, non ha un vero centro di senso, non ha volutamente una trama, poiché si tratta di una storia come tante, di un quarantenne dei nostri giorni, di un appartenente alla X generation. Il romanzo è giocato sul registro grottesco, che può apparire ridondante, e sulla figura del paradosso per cercare di attenuare la perdita da parte del protagonista. Perdita di affetti, di empatia, di equilibrio, in una parola: di senso. La narrazione appare quindi verosimile, poiché a ognuno è capitato di incontrare, anche superficialmente, personaggi contraddittori, smarriti, dispersi e disperati, così come avviene in tante storie che non sono avvincenti né concrete, non interessanti né eroiche, ma di pura sofferenza. Un elemento importante, che deve sempre essere presente in un romanzo, è l'amore; qui invece manca, poiché questo vuole essere un racconto di povertà affettiva, di solitudine, di disturbo, di narcisismo misto a una sorta di autismo sotto soglia.