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Lungo un palcoscenico verbale circolare e mobile si stagliano figure riflesse allo specchio della propria interiorità, si ascoltano voci tenere e deliranti, straniate e partecipi, divertenti e tragiche, ognuna alla ricerca di un Oltre dove poter superare il limite del proprio ruolo. Questo sensoriale eppure metafisico teatro dei desideri e delle confessioni è scandito in versi che s'addensano in quartine e ottave, quasi a voler contenere nell'esattezza di rivisitate gabbie metriche il caos vorticoso non solo degli affetti e delle pulsioni ma di un lessico folto di gerghi, calchi dialettali, contagi fonici, controsensi, tecnicismi, arcaismi e neologismi, che indaga nel labirinto linguistico di un tempo contraddittorio e mutevole. Fedele alla propria poetica di occultamento dell'io lirico per dar voce a un "io rappresentato", Marciani si fa cantore caloroso e ironico dei percorsi delle sue personae, componendo una partitura in versi dove i vari assoli interagiscono ed echeggiano in un'opera corale di compatta tenuta, ricca di picchi e riverberi sonori, pause e riprese, sincopi ritmiche e variazioni.