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Nel volume si analizza il rapporto di Iuppiter e Fortuna ponendolo su uno sfondo sacrale primordiale: l'impianto dell'opera è in generale filologico e linguistico, ma il dato archeologico, soprattutto nella parte finale del libro, si rivela risolutivo. La comparazione interlinguistica, basata sull'escussione diretta delle fonti antiche, riesce a scoprire una "struttura ideologica" originaria e a mettere in luce il retaggio indoeuropeo della coppia Iuppiter-Fortuna, il quale avrebbe dei risvolti sapienziali e cosmogonici mai prima evidenziati dagli esperti del settore. Fortuna si rivela di fatto al pari di Iuppiter una divinità pienamente indoeuropea, a cominciare dal suo nome, di cui si propone una nuova etimologia, per finire con la sua caratteristica specifica di "dea della Sorte". Il momento finale di questo secondo tomo offre una visione innovativa sulla funzione originaria di un sistema grafico in uso nei popoli indoeuropei del quale si hanno dei riscontri nei dati archeologici.