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Monsignor Marcel Lefebvre (1905-1991), un nome che fa quasi sempre sobbalzare. Quanti errori, quante affabulazioni si costruiscono attorno alle persone che pensano, che ragionano, che avanzano verità scomode e perciò divengono loro stesse scomode. Scomode come Lefebvre. Conosciuto per lo più come il Vescovo ribelle, monsignor Lefebvre è stato, finora, posto sotto un cono di luce diffamante, non per il suo comportamento di vita, peraltro ineccepibile e altamente virtuoso, da tutti verificabile, ma per la sua forte presa di posizione contro un Concilio pastorale, il Vaticano II, nei cui dettami vedeva e denunciava le conseguenze scristianizzanti e relativistiche che ne sarebbero sorte. Oggi, a distanza di quasi vent'anni dalla sua scomparsa e a quarantacinque dalla chiusura del Concilio stesso, possiamo storicamente avvicinarci a lui con maggiore serenità e senza acrimonia, considerando quest'uomo, meglio, questo sacerdote, non come il nemico di qualcuno, bensì come un impavido e lungimirante soldato di Cristo, paladino dell'integrità della Fede e di Santa Romana Chiesa, del Primato Petrino e dell'Eucaristia. Lefebvre, grazie anche ai figli che ha lasciato, i sacerdoti della Fraternità san Pio X, è ancora lì a indicare che nella tradizione, nella dottrina cattolica, nella celebrazione del Santo Sacrificio della Messa di sempre, nella santità sacerdotale stanno le risposte ai problemi di un mondo che si è perso nel suo orgoglio e nella sua vanagloria, detronizzando Cristo Re.