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Michele Prisco si autodefinisce "un animale narrativo". Raccontando la provincia vesuviana e la città di Napoli come luoghi dell'anima più che della geografia e della storia, porta il romanzo da un antico territorio ottocentesco a un nuovo paesaggio novecentesco ed europeo. Per i motivi della narrativa come forma di arte e poesia, come verità e autonomia dei personaggi, come testimonianza del proprio tempo è, com'è stato detto, un "signore del romanzo", uno dei rappresentanti più significativi della narrativa italiana del secondo Novecento.