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Laboratorio di poesia della II casa di reclusione di Milano-Bollate. Scrivere poesie in carcere. Questa frase ha la stessa forza di suggestione e la stessa potenza straniante dei titoli di due libri importanti sia per la loro qualità letteraria che per il successo di pubblico ottenuto. Mi riferisco a Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi, del 2003, e a Leggere Shakespeare a Kabul di Ornar Qais Akbar e Landrigan Stephen, del 2013. La suggestione e lo straniamento nascono dal contrasto così acuto da risultare straziante tra il luogo e l'atto. Ovvero tra il luogo del mondo dove sembra che la poesia venga massimamente bandita e mortificata e l'attività del poetare che pure, tenacemente, si realizza anche laddove dominano privazione della libertà e segregazione dei corpi e delle anime.