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Il racconto autobiografico con cui inizia questo libro descrive un processo di distruzione causato da una malattia che ci si ostina a diagnosticare come "stanchezza cronica, depressione". Questa diagnosi viene corretta dall'autore in "fatica del voler vivere". L'esito sembra essere una disperazione che non ha nulla a che vedere con quella dei romantici o dei mistici. La riflessione filosofica che segue ha come obiettivo di eliminare quegli ostacoli, come il pensiero tragico, il romanticismo e il nichilismo, che bloccano lo svolgersi autentico della traversia autobiografica. L'autore, liberatosi da saperi preconcetti provenienti dalla sua formazione, scopre così che le afflizioni attuali riguardano le "malattie della normalità". Gli ammalati di normalità sono all'ombra della vita, ma in essi abita una verità che impugna l'ordine sociale. Come può un uomo-filosofo di oggi diventare un figlio della sua notte? L'autore risponde che gli uomini come lui lo possono fare in compagnia di amici (Artaud, Lautréamont, Kleist...) e di tutti quelli che rendono politica la propria esistenza mostrando così che è possibile trasformarsi entrando nella notte della resistenza alla realtà imposta dagli ordini sociali neoliberisti.