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Il protagonista di questo romanzo descrive l'adolescenza come un "breve tumulto d'ombre cose passioni, incoerenti", fatte di "notti laboriose, alcune pazze, qualche viso e corpo di donna, qualche paese scorso di sghembo, e quell'attesa, quell'impazienza incessanti". La gioventù. Sarà lo stesso eroe montaniano a sancire l'impossibilità di coglierla: "Esita a lasciarci, s'indugia a lungo con noi, infine si stacca a tradimento". Un romanzo del primo Novecento (1923), in cui l'elemento narrativo continuamente s'infrange, proprio come accade, negli stessi anni, all'unità dell'io. Un romanzo ascrivibile a quel genere letterario, comunemente conosciuto come Bildungsroman, che ha le sue radici nel "Wilhelm Meister" di Goethe. E così come il Törless di Musil, Karl Rossmann di Kafka, Stepben Dedalus di Joyce, l'innominato protagonista affronta l'itinerario della crescita come si azzarda una sortita da uno stato d'assedio per affrontare l'ignoto. La separatezza rispetto all'età adulta diventa la compagna del viaggio, in un ostinato spingersi oltre il limite, verso il precipizio delle illusioni, tipico dell'adolescenza. Pazienza se dopo rimarranno soltanto ceneri.