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"Va bene, continuiamo così, facciamoci del male": la celebre battuta, pronunciata dal professore di matematica Michele Apicella di fronte all'interlocutore ignaro di cosa sia la Sacher Torte, riecheggia dalle pagine del saggio di Roy Menarini per "riaprire il caso" di una delle detection più anomale e surreali della storia del cinema italiano. Lontano dalle notazioni diaristiche e "meno sbilanciato sul piano dell'autobiografia sociopolitica". Bianca è infatti l'unico film di Moretti a confrontarsi esplicitamente con i codici narrativi di una dimensione di genere, in questo caso del "giallo". Roy Menarini, tra interpretazioni e citazioni esemplari, ricostruisce il rapporto di Michele con se stesso, lei (Bianca) e gli altri. Scrive l'autore: "Bianca, nel 1984, solidifica la fiducia del pubblico (certo, non di tutto) verso questo autore che - così tanto spesso accusato di esibire narcisisticamente le proprie nevrosi e manie - ha invece catalizzato l'insoddisfazione, lo straniamente e (diciamo pure) l'infelicità di moltissimi, che nelle sue opere si sono riconosciuti in virtù di sentimenti ed emozioni universali".