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"Salò o le 120 giornate di Sodoma", ultimo film di Pasolini, è un "film in forma di enigma": la lucida visione di una società ingorda e assassina, contro cui il poeta ha lottato fino a restarne oscuramente vittima. Il film dipinge "more geometrico" il volto terribile e grottesco del fascismo repubblichino attraverso l'immaginazione sessuale di un grande sovversivo: il marchese De Sade, rivoluzionario e conservatore, violento e scandaloso intellettuale sui generis. Il "Divino Marchese", rappresentante dell'Illuminismo che per eccesso di razionalità degenera nel suo contrario, è strumento di una narrazione agghiacciante e bloccata, specchio di una società dei consumi fatta di parole, leggi e comportamenti concepiti per estirpare all'umanità la sua autonomia pensante. "Salò" ne descrive cause ed effetti: l'orrore della strage trasformato in quotidiana normalità.