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A dieci anni dalla scomparsa di Piero Camporesi ci chiediamo ancora chi sia stato o, per dirla con Manganelli, cosa sia stato. Una prima risposta è che è stato uno dei maestri segreti della cultura italiana della seconda metà del Novecento. Quando nel 1970 curò l'edizione dell'Artusi, di colpo si scoprì quale tesoro antropologico e letterario s'annidava in questo volume. Poi venne "II libro dei vagabondi", che accrebbe la fama di Camporesi filologo controcorrente, capace di scoprire un intero universo cancellato dalla storia ufficiale. Elzevirista sul "Corriere della Sera", fustigatore dei costumi alimentari, Piero Camporesi è stato soprattutto uno scrittore: un autore ibrido, dalle molte facce, scrittore-lettore, saggista, storico e insieme narratore, tenuto in sospetto non solo dall'accademia, ma anche dagli altri storici di mestiere. Questo volume vuole essere un primo approccio all'insieme della sua opera, e un modo per fare il punto su un aspetto importante della cultura italiana: la revisione del proprio passato seguendo piste e tracce che esulano dai grandi territori perimetrali dalla storiografia e dalla critica.