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Sulla porta della città di Bakir, in Anatolia, Thovma Khatisian sta per morire. Ma prima di morire, Meddah, il narratore di fiabe, lo aiuta ad afferrare il suo ultimo pensiero. E dove va, questo ultimo pensiero? Vola indietro nel tempo, verso i luoghi delle sue radici. L'ultimo pensiero ripercorre la vita del padre di Thovma, Wartan. Torna all'idilliaca cittadina di montagna dove il padre, il nonno e il bisnonno hanno vissuto. La cittadina più lurida e più bella della Turchia. Dove curdi e armeni hanno pacificamente convissuto. Dove Bülbül, la levatrice, racconta come si viene al mondo. Dove si svolgono le feste più allegre della terra. Dove si sente odore di mangime di polli e lo sterco di vacca viene raccolto e riutilizzato in tutti modi. Ma l'ultimo pensiero vola anche in America, dove gli armeni sono divenuti milionari, e vola nell'orribile carcere dove il babbo di Thovma è stato imprigionato e torturato barbaramente affinché confessi. Confessare cosa? Il governo turco vorrebbe estorcere a Wartan Khatisian una confessione impossibile, falsa, terribile. Wartan dovrebbe firmare una dichiarazione secondo la quale il popolo armeno ha ordito un micidiale complotto contro il mondo. Giustificando la necessità di sterminare il popolo armeno. L'ultimo pensiero, accompagnato dal suo incessante colloquio con il Meddah, diviene così testimone del grande olocausto armeno del 1915. Un olocausto tremendo, uno sterminio di milioni di persone di cui quasi nessuno ha parlato.