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A metà degli anni Sessanta del secolo scorso Jean-Paul Sartre era impegnato in una profonda rielaborazione delle tesi esistenzialiste espresse nelle opere che, un ventennio prima, avevano sancito la sua fama filosofica internazionale. Esattamente a quel periodo risale "L'universale singolare", testo composto per una conferenza dedicata a Søren Kierkegaard, il "cavaliere della soggettività". La riflessione sull'eredità del filosofo danese e sul doppio statuto (oggettivo e soggettivo) della condizione umana diviene occasione per un meditato ripensamento - manifestamente post-umanistico - del senso dell'"umano". Pur realizzandosi via via in forme storicamente definite, l'essere umano è sempre da fare e sempre si rifà.