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E ancora una volta il piccolo lanciò il suo debole miagolio. Poco più di un gemito, presto inghiottito dal brontolio cupo del temporale. Stava accucciato in una pozza di fango, dentro uno spiazzo aperto, senza nulla che lo riparasse dalla pioggia. Teneva le orecchie abbassate, la testa sprofondata nelle spalle e le zampette strette contro il corpo, nella ricerca d'un po' di conforto dal freddo. Era nato da pochi giorni e i suoi occhi erano ancora chiusi. Non era abbastanza cresciuto nemmeno per strisciare da solo verso un cespuglio o sotto una macchina, lontano dalla furia del temporale. Poteva solo restarsene lì a piangere, implorando la madre di venirlo a salvare, mentre il freddo e la fame lentamente se lo portavano via. Il cucciolo starnutì, piegando la testa in avanti e affondando il musetto nell'acqua scura. Si scrollò un po' nel tentativo di asciugarsi, ma l'acqua che veniva giù e in cui stava immerso sarebbe stata troppa anche per un gatto adulto, figurarsi per uno tanto piccolo. Quand'ecco un'ombra. Un lieve movimento al di là della recinzione che separava il cortile da quello confinante.