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La vita vista attraverso gli occhi di un "Idiota", di un "povero di spirito" che nelle fiabe popolari da cui sembra uscito sarebbe chiamato "lo scemo del villaggio". E come nelle fiabe Mattis vive con la sorella Hege in una casetta ai margini del bosco, alle prese però con reali e vani tentativi di rendersi utile, di lavorare come gli altri, di integrarsi in una società che, pur circondandolo di un'affettuosa benevolenza contadina, non può fare a meno di ridere di lui. Ma è solo nel mondo della logica, delle convenzioni, della razionalità, che esiste la stupidità di Mattis, capace invece di sentire con immediatezza ciò che sfugge alla comprensione altrui, dal fluttuare della nebbia al battito di un'ala, alle pause e i silenzi che rivelano l'inconsapevole o l'inespresso nei rapporti umani. Perché come in tutti i marginali e i visionari di Vesaas, altro è il suo modo di intendere il mondo, e il suo sguardo di sognatore smarrito gli fa vedere attraverso una lente d'ingrandimento quello che non vedono "i forti e gli intelligenti". Gesti impercettibili, incontri, le impronte di una beccaccia, l'invisibile scia luminosa lasciata da un volo d'uccelli sono messaggi cifrati in cui legge presagi di gioia o di dolore. E se così profonda è in lui la felicità di un attimo di contemplazione, Mattis è proprio per questo condannato a soffrire, della sofferenza altrui e della propria solitudine, e, come la sua beccaccia, a rimanere vittima dell'implicita violenza della vita.