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L'essere (vale a dire: l'on) possiede una logica? Ovvero: esiste una "logica dell'essere", una "onto-logica"? E che cosa significa "logica dell'essere"? In che modo si deve intendere l'espressione: "dell'essere"? Si tratta, evidentemente, di un'espressione genitiva, eppure non basta classificarla così per comprendere il suo significato: occorre chiedersi anche se sia un genitivo oggettivo o soggettivo. La logica dell'essere, in altre parole, è l'"organo" per mezzo del quale l'essere pensa oppure quello in virtù del quale esso viene pensato? L'essere pensa? È pensiero? E se non lo è, la logica con cui lo si pensa non è forse, essa stessa essere, qualcosa che è, che partecipa dell'essere almeno come esistente? In domande come queste si annida il senso dell'ontologia. E il problema dello sguardo ontico che essa rivolge all'essere. Un problema in cui prende corpo - ma insieme si manifesta e si svela - l'equivoco della "differenza ontologica". E quello, non meno incalzante, della natura predicativa dell'essere.