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Ben lontana dall'ideale estetico kantiano la riconciliazione tra uomo e natura attraverso "le belle arti" l'arte contemporanea da un lato scava nell'ambiguità che pulsa nel ripugnante, dall'altro recupera un oscuro sentimento di derivazione tardoromantica di dolente pietas verso i rifiuti della nostra esistenza e la latenza di una terra che oggi, ferita dalla tecnologia, si presenta come una fresca rovina. Attraverso una sorta di escatologia scatologica che inocula il terrore primordiale proveniente dalla risorgente chora, l'arte contemporanea disdegna qualsiasi "forma bella" che non sgorghi da tale ferita, e dal dolore che l'accompagna. Il suo compito precipuo non è lenire, ma mostrare la ferita, gridandola e trasfigurandola. Su uno scenario la terra sfigurato, non c'è più posto per un'arte figurativa, mimetica.