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Del carattere a suo modo rivoluzionario delle fiabe dei Grimm, della loro politicità emancipativa, si era accorto già Antonio Gramsci, uno dei primi traduttori italiani dei due fratelli. Il libro di Laura Marchetti, la cui intenzionalità teorico-politica emerge fin dal titolo, "La Fiaba, la Natura, la Matria", possiede un respiro culturale ampio e insolito, e ha il merito di gettare uno sguardo inusuale sulle leggendarie figure dei due narratori che hanno affascinato numerose generazioni di bambini. La fiaba è veicolo di un messaggio egualitario, tanto più potente in quanto affidato all'immaginario, al fondo oscuro della nostra originaria sensibilità di esseri viventi, indissolubilmente legati a tutte le forme di vita. Nel suo universo fantastico tutte le creature si ritrovano uguali, parlano gli animali, ma anche le piante, le pietre, il fuoco, l'acqua, e tutte egualmente soffrono, gioiscono, piangono. Nell'eversivo universo della narrazione favolistica le rigide strutture del potere vengono facilmente rovesciate dalla potenza magica della fantasia, dal desiderio popolare di emancipazione, che è alla base, è la fonte poetica del capovolgimento ricorrente dell'ordine reale. Un ordine che non si ha la forza materiale di cambiare, ma contro cui la fantasia popolare progetta e innalza altri mondi possibili.