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Cosa resta, di Gaston Bachelard, a cinquant'anni dalla sua scomparsa? Bachelard. Semplicemente Bachelard, con l'inarrivabile complessità del suo pensiero palpitante, vivo, curioso, ulisside, in grado di attraversare con vibrante partecipazione vari campi del sapere, esaltandone alcuni, riscattandone altri; in grado di leggere scienziati, alchimisti e poeti, consegnandoli - anche i più sconosciuti - alla posterità. Lunghissimo l'elenco, dalle centinaia di spiriti scientifici e prescientifici che attraversano le sue opere di epistemologia (e non solo), ai poeti minori, scelti da Bachelard non per la grandezza della loro arte, ma perché creatori di belle e vivide immagini, cui egli felicemente attingeva, ai pionieri di quelle discipline che si sarebbero progressivamente affermate nello scenario culturale del secolo (basti pensare, per esempio, alla "rithmanalyse" di Pinheiro dos Santos, o al "rêve éveillé dirigé" di Robert Desolile, che ancora oggi contano scuole e filiazioni). Un approccio generoso e grato verso ogni forma d'intelligenza, cultura, sapere: tutto ciò che costituiva, nella Francia della Terza Repubblica, di cui Bachelard era figlio devoto, la nuova frontiera scientifica e intellettuale.