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Nemico (hostis) e ospite (hospes) provengono dalla stessa radice, il cui significato originario era quello di straniero. Questa figura, dunque, può costantemente oscillare tra ostilità e ospitalità, tra il nemico da rifiutare e combattere o l'estraneo da ricevere e accogliere. Proprio in questa oscillazione, più evidente appare il carattere perturbante dello straniero e di ciò che è estraneo, mostrando come il confronto con l'altro sia sempre la messa in questione di una identità presupposta, che si sente minacciata. A partire dai pensatori più radicali del Novecento: Schmitt, Heidegger, Lévinas, Derrida, Nuncy, i saggi raccolti in questo volume provano a scandagliare non solo l'origine della paura che proviene dall'Estraneo, ma anche a indicare i presupposti teoretici per superarla. Se il rifiuto e l'esclusione dell'altro sono funzionali alla ricerca di una identità pensata come appropriazione di sé e chiusura in sé, secondo una logica difensiva e immunitaria, d'altra parte questo paradigma, sottoposto a un paziente lavoro di decostruzione, mostra tutta la sua fragilità e debolezza, sia ontologica, che etica e politica. Se l'altro è costitutivo per la mia identità, ciò va inteso non nel senso di una logica dell'esclusione e della chiusura nei suoi confronti - le quali generano solo ostilità - ma nel senso dell'apertura e dell'ospitalità verso chi, già da sempre, mi ha reso e mi rivela straniero a me stesso.