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Anche i giuristi e i filosofi del diritto hanno da lungo tempo dimestichezza con quelle "verità artificiali" che essi sono soliti chiamare "dogmi". Il fenomeno della volontà interpretativa che forzi a considerare fatto ciò che di per sé non sarebbe empiricamente verificabile, tuttavia, si rivela presto ben più esteso e radicale di quanto possa manifestarsi nel solo àmbito giuridico. Persino l'evidenza apparentemente più indiscutibile del Pianeta, vale a dire quella del divenire delle cose, del loro venire dal e del loro andare nel nulla, potrebbe infatti rivelarsi non un'innegabile verità, bensì una semplice fede. E "follia", frutto d'un nichilismo inconsapevole, diverrebbe allora anche la credenza, sulla quale, tra l'altro, poggia pure l'intero edificio della scienza giuridica, di poter in qualche modo cambiare il corso degli eventi, plasmandolo secondo una propria volontà demiurgica. Gli "abitatori del tempo" vivono nella convinzione che tutto, al mondo, sia legna che brucia, la quale più o meno lentamente diventa cenere...