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Nell'attuale scenario comunicativo l'immagine ha assunto un ruolo crescente. La notizia è sempre più spesso nell'immagine. Esempi quotidiani mostrano il suo potere informativo ma anche incantatore e di orientamento dell'opinione pubblica. Se le immagini ci raggiungono più velocemente e empaticamente rispetto alla parole, si può correre il rischio di trascendere l'informazione stessa per una "messa in scena" della notizia. Casi come le immagini del piccolo Alan Kurdi, le immagini dal carcere di Abu Ghraib o quelle desolate di Parigi nei giorni successivi agli attentati del 2015 mostrano tutto il potenziale ambiguo, evocativo e perfomativo del visivo. Sembra allora necessario appellarsi a un senso di responsabilità condiviso nel pubblicare, trasmettere e leggere l'iconosfera informativa, condizione necessaria, ma non sufficiente, per monitorare le conseguenze che la diffusione di certe immagini può produrre. Proprio su quest'ultimo aspetto il testo vuole appuntare l'attenzione, sulle implicazioni etiche in un contesto mediale sempre meno controllabile in cui si veicolano immagini vere che colgono "il fatto": ma anche immagini immaginate e fake images che possono chiuderci in mondi (im)possibili senza rendercene conto.