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«Sono passati quasi trent'anni dalla pubblicazione di Poesie ed epigrammi, una raccolta di poesie e scritti in apparenza confusi ma in realtà tesi a tracciare un diario di vita, una sorta di autobiografia postuma. Perché Fatati, zio Felice, in vita, non aveva mai sentito il bisogno di dare alle stampe e quindi di fermare su un foglio di carta qualcosa che in modo assolutamente dinamico rincorreva il tempo. Le emozioni del momento. E sulla carta aveva sempre fissato con il tratto le parole (le poesie e gli epigrammi), le immagini (lo stimolo visivo) e lasciato alla voce, la propria, la spiegazione colta dei pensieri (ragionamento). Solo una volta lo vidi tracciare un segno rapido su un foglio senza alcun suono. Era la fine di novembre del 1977 e con il basco, i baffi lunghi, l'aria stanca, gli occhi vivi, le tasche stracolme di fogli, aveva chiuso la porta della sua abitazione-studio, a palazzo Morandi, accompagnato da un giovane medico: suo nipote (chi oggi scrive). Lo scatto della serratura, un momento di esitazione, due righe e un disegno tracciato in fretta su un piccolo pezzo di carta poi appeso vicino alla targa. Il disegno: lui che vola in alto; la scritta: "buona permanenza da parte del dottore che se ne va". E poi giù per le scale senza una parola senza voltarsi indietro. Un saluto ai propri pazienti, un'ultima, corretta diagnosi. In questo volume il contenuto di Poesie ed epigrammi, ormai esaurito nell'edizione originale, viene dilatato fino a presentare un primo importante lavoro del 1923. Felice Fatati aveva da poco compiuto quindici anni, ma la giovane età non gli aveva impedito di scrivere e sceneggiare un dramma. Sono poi riportate poesie e scritti dell'età giovanile e altri successivi con un ordine che può sembrare disordinato, nel tentativo di tracciare un profilo poetico-letterario quanto più vicino al carattere dell'Autore. Ippocrate diceva che "tutte le parti di un organismo formano un cerchio; pertanto, ogni sua parte è sia il principio che la fine". Se è così anche per la vita e l'espressione artistica di un uomo, sicuramente il cerchio tracciato da Fatati è enorme, non percorribile per intero, e destabilizzante. E ogni testimonianza lasciata è sia l'inizio che la fine del percorso di quel momento...» (Giuseppe Fatati)