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Ecco, il cielo e la bellezza. È tutta qui, in questi due estremi, l'immagine di Pisa. Un grande poeta, forse il più grande di tutto il XX secolo, ne colse così l'essenza più antica e più vera. Fatta di luci, forme, colori e anche profumi. Quelli che si colgono passeggiando nelle strade, nelle piazze, allungando lo sguardo sui marmi che si innalzano verso il cielo per scandire il tempo della vita terrena e quello della fede. Come quel Campanile curiosamente pendente verso sud che secoli addietro fu innalzato per sorreggere i bronzi che battevano le ore della giornata e chiamavano i cittadini al lavoro e alla preghiera. È il simbolo universalmente noto di Pisa, quasi un'icona senza tempo, riprodotta in milioni di foto, stilizzata nelle pitture e disegni, scelta a rappresentare l'Italia nel mondo. «Un bel simbolo della impossibilità degli esseri umani di prevedere le implicazioni sociali delle loro opere», disse Albert Einstein, facendo riferimento alla casualità della pendenza, ma con il pensiero rivolto agli studi sull'energia nucleare e alla appena avvenuta esplosione della bomba atomica a Hiroshima e alle conseguenze di certi studi a cui anche lui aveva contribuito.