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Proprio la crisi della legalità penale sta a dimostrare una trasmutazione dei valori, nel senso che il diritto penale non è più quello di epoca illuminista ove non solo la legge penale era appannaggio del Parlamento, ma era altresì ispirata al principio di chiarezza, tanto è vero che la giurisprudenza era, per tutto l'800 ed anche per la prima metà del '900, chiaramente subordinata sia alla littera legis che all'opinio doctorum. Dalla seconda metà del secolo scorso sino all'attuale, si assiste invece alla predominanza del potere governativo, da un lato, e del potere giudiziario, dall'altro, rispetto allo stesso potere legislativo che pone in crisi la stessa legalità penale, con il conseguente sviluppo della c.d. giurisprudenza giuscreativa. Il sistema penale italiano, anche a causa dell'influenza comunitaria, lentamente va trasformandosi da Paese di civil law a Paese di common law, pur senza i relativi contrappesi. Il lato oscuro del diritto penale si esprime soprattutto in alcuni settori dell'ordinamento, quali il terrorismo e le organizzazioni mafiose, ove, non solo nel nostro Paese, si assiste ad una netta prevalenza delle esigenze general-preventive rispetto alle garanzie della persona, sino a mostrare evidenti profili di incostituzionalità di parecchi istituti che tuttavia la giurisprudenza, sia nazionale che comunitaria, ha sinora deciso di salvare. Ecco la ragione per cui abbiamo icasticamente definito questa seconda parte del volume il dirty work del diritto penale.